Accettare
la crisi per gestirla
Il
governo della profezia
Di
Carlo Pelanda (12-3-2009)
La priorità
della politica è quella di produrre fiducia. Ma quale è il metodo giusto in
tempi di crisi?
Berlusconi ha
scelto di generare ottimismo attraverso una “strategia carismatica”. Prima ha tentato, con Tremonti, di dare l’immagine
di un’Italia che soffre meno di altri nella crisi globale. Poi i numeri sono
andati a picco mostrando sul piano oggettivo che l’Italia non era affatto
immune, anzi. Infatti la settimana scorsa Tremonti, per qualche ora, ha usato un linguaggio d’emergenza. Ma Berlusconi lo
ha corretto ed ha continuato ad insistere con la strategia carismatica,
accusando di catastrofismo i media che riportavano dati economici veri, ma
cambiando simbolismo: la crisi è dura, ma non è la fine del mondo, ne usciremo.
Tale schema di rassicurazione era già stato usato ai tempi in cui erano uscite le pessime
proiezioni del Pil per il 2009 e la conferma di un 2008 recessivo (-1%). Sia
Tremonti sia Berlusconi dissero che, dopotutto, una recessione non è la fine
del mondo: “è come tornare al 2006”,
se ricordo bene le parole. In sintesi, prevale in Berlusconi il metodo di
contrastare una realtà togliendole rilevanza: il 2009 andrà così, l’importante
è che ne usciremo, guardate il 2010 e siate pertanto più ottimisti già da
subito. Da un lato l’intento è coerente con la Teoria del campo in
psicologia e con quella di gestione comunicativa dei processi economici:
comportamenti ed atteggiamenti individuali nel presente sono influenzati dalla
percezione del futuro. Pertanto, semplificando, se governo la profezia sono in
grado di indirizzare gli umori del momento. In una recessione l’importante è
mantenere l’ottimismo che alimenta consumi ed investimenti e Berlusconi ha tentato
e sta tentando di stimolarlo nel modo accennato. Usa molto il suo carisma
personale, indubbio e provato dai sondaggi, per potenziare la profezia
ottimistica. Ed è piuttosto bravo. D’altro lato, questo metodo è vulnerabile al
peggioramento della situazione, alla dissonanza tra profezia e realtà. La crisi
sta avendo un’evidenza crescente non solo percepita. In particolare, molta
popolazione abituata a decenni senza gravi scossoni vede per la prima volta
nella vita un grande sconquasso. E probabilmente lo esagera proprio per
l’effetto novità. Da un lato è vero, come sostiene Berlusconi, che c’è un
eccesso di pessimismo immotivato. Dall’altro, questo deve avere comunque una
risposta rassicurante che tenga conto della situazione eccezionale. Secondo me
quella finora adottata da Berlusconi non
è sufficiente per sortire l’effetto “fiducia” nelle condizioni correnti. Gliene
suggerisco, come oggetto di riflessione per il governo intero, un’altra,
ricavata dagli studi relativi alla gestione delle emergenze di massa, che qui
semplifico. Prima di tutto non bisogna negare la realtà, per evitare l’effetto
dissonanza che poi toglie credibilità alla fonte di fiducia, ma riconoscere lo
stato di emergenza. L’emergenza va dichiarata, tuttavia, solo quando si ha per
ogni problema una soluzione (il lancio di un allarme, per evitare panico o
disordine, va sempre accompagnato da istruzioni precise sul cosa fare e dove
andare per evitare il pericolo). Terzo, per rafforzare la credibilità delle
soluzioni si può e si deve adottare una strategia carismatica. Su questo terzo
punto Berlusconi è perfetto. Ma sui primi due, fondamentali, non c’è. Per altro
i suoi colleghi leader in America ed in Europa sono ancora peggio. Ciò fa sospettare che i governi non siano
scientificamente attrezzati per gestire le crisi sia sul piano tecnico – ne
parleremo quando il peggio sarà passato per non creare sfiducia - sia su quello comunicativo e sulla
correlazione tra i due. Non sono nemmeno attrezzati sul piano normativo. Per
esempio, il Primo ministro non ha poteri d’emergenza in caso di crisi
economica. In realtà questi esistono nell’ordinamento in forma di poteri
d’eccezione, per esempio i commissari straordinari in caso di disastro
naturale. Suggerisco di estenderli. Ma il punto di questo articolo è, in
sostanza, uno, semplice e generale e per l’orecchio di Berlusconi. Nelle grandi
crisi il metodo che funziona è quello di
riconoscerne la realtà, costruire istituzioni temporanee di gestione
dell’emergenza e mostrare che c’è una soluzione per ogni problema. Ciò rassicura
perché la gente vede che la crisi è gestita. E così si trasferisce la paura
all’istituzione della speranza, ottenendo fiducia di massa pur in fase di
crisi.
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